Dall'Unione Sovietica a Los Angeles, dopo essere stati ai vertici di Snapchat, i fratelli David e Daniil si sono imposti come imprenditori seriali e investitori.
«Se dicessi che la macchina del tempo esiste già? Funziona solo in una direzione però: dal futuro al presente». David Liberman è un visionario. Lui e il fratello Daniil sono figure eteree, diverse ma complementari. Il New Yorker ha dedicato loro un lunghissimo articolo in cui si riassume alla perfezione ciò che fanno: «Testano il mercato su loro stessi», invitando a investire sulle persone e le loro idee, non nelle società in quanto tali.
Nati nella Mosca dei primi Anni 80 in una famiglia composta da ben otto persone, i fratelli Liberman hanno deciso di invertire la rotta del mondo degli investimenti. «Quando è caduta l’Unione Sovietica la nostra famiglia ha perso tutto — racconta David a LOGIN— ciononostante siamo riusciti a ripartire fino ad arrivare a fondare società di successo». Figli di una coppia di scienziati, sin da ragazzi hanno cercato l’indipendenza economica riparando computer e creando siti internet.
La loro prima esperienza come imprenditori degna di nota è una startup di videogiochi in multiplayer, poi collassata nel 2009. «Siamo arrivati ad avere anche mezzo milione di dollari di debiti, non ci siamo mai fermati, siamo andati avanti continuando a costruire». Non è di certo un caso se i fratelli Liberman sono famosi in tutto il mondo per le loro trovate geniali, quelle che portano a un successo che va oltre le più rosee aspettative.
«Abbiamo rimesso in sesto Snapchat, che nel 2016 è stata venduta per 60 milioni di dollari — continua David — pensate che impatto potrebbe avere una somma del genere inviata ai voi stessi del passato». Per Snapchat hanno poi lavorato alla realizzazione delle Bitmoji 3D, una funzionalità che permette agli utenti di creare un avatar di se stessi che ne rappresenti in modo accurato la personalità e gli interessi. Considerate decisamente innovative, sono in grado di interagire con il mondo reale sfruttando la realtà aumentata attraverso la fotocamera dello smartphone.
Con le sorelle Maria e Anna hanno poi fondato Humanism, che gli stessi fratelli definiscono «il posto in cui mettere i propri soldi quando pensi di qualcuno “credo in te”». Hanno anche dato vita alla Libermans Company, che nel primo anno di attività ha prodotto utili per 14 milioni. Il loro business di punta è costituito dalla Product Science, una società che si occupa di sviluppare applicazioni per gli smartphone.
L’investimento con i Liberman cambia paradigma e da puro calcolo diventa logica umana: il valore sono le persone, non i capitali. Il tesoro inestimabile su cui puntare oggi più che mai sono le nuove generazioni. Non solo perché gioventù è sinonimo di più energia e idee innovative: «I giovani di oggi sono sempre meno vittime di stereotipi, che siano di genere o sessuali, e hanno un modo di concepire il lavoro più inclusivo e tollerante — fa notare Daniil — ad esempio, sono meno ancorati dalla differenza tra uomo e donna».
Il gender gap che affligge ogni aspetto della nostra società, in alcuni Stati più che in altri, porta a una maggiore iniquità nell’allocazione delle risorse. Questione che ascoltando i Liberman si apprende essere centrale. «Le precedenti generazioni hanno finito tutto: la generazione che è nata negli Anni 50, a 30 anni aveva accumulato il 23 per cento della ricchezza nazionale, la mia generazione ha raggiunto il 3 per cento — spiega David, nato nel 1984 — quella dopo di noi avrà solo debiti».
Il problema è anche più ampio (e tragico) di quello che sembra a una prima analisi. Senza risorse a un certo punto sarà l’intera razza umana a smettere di esistere perché verrà meno la distinzione tra ricchi e poveri su cui si fonda la società odierna. «Se non creiamo nuovi strumenti non ci saranno soluzioni, dobbiamo cambiare il mercato e abbiamo il dovere di ispirare i giovani affinché traccino un nuovo cammino nella direzione giusta». Per i fratelli Liberman è inaccettabile che gli studenti che non possono contare sul sostegno economico dei genitori siano costretti e disperdere le proprie energie in lavoretti che non li valorizzano, provocandone insoddisfazione e frustrazione.
Anche se il loro sguardo è più orientato verso l’estero, il riferimento all’Italia è puntuale: «Non pensate di essere immuni da queste dinamiche — ammonisce David — avete il tasso più alto di laureati disoccupati e state subendo senza fare nulla un declino della natalità che ha battuto tutti i record». Il motivo? Semplice quanto sconvolgente: se i debiti sono così alti da rendere impossibile l’impresa di realizzare le proprie aspettative di vita e le condizioni di lavoro sono precarie, chi mai avrà il coraggio di fare un figlio? Pochi, se non addirittura nessuno è la risposta dei fratelli Liberman. «Spesso si tratta solo di far capire alle persone che possono cambiare la propria vita, ma soprattutto alle persone più adulte e potenti che investire sui più giovani comporta benefici diffusi a tutta la società, oltre a un ritorno economico molto più alto di quello che ci si aspetta normalmente», aggiunge Daniil.
A mancare spesso è anche la corretta narrazione del successo, passaggio chiave per instillare ispirazione nelle menti altrui. Raccontare la scalata verso la realizzazione, i fallimenti, come ci si rialza, è necessario per formare generazioni più consapevoli delle proprie potenzialità e dei propri limiti. «Raccontare le storie di chi è riuscito nella propria impresa è parte della soluzione — concordano i Liberman — però è un terreno che bisogna solcare con cura perché è capitato che la sovraesposizione di alcuni leader combinata alla loro arroganza abbiano prodotto un effetto contrario».
Sull’onda dell’AI Act, sono consapevoli della crescente importanza del dialogo tra tecnologia e politica. «Le regole sono necessarie, molte persone rischiano di perdere il lavoro a causa dell’AI (qui potete leggere cosa ne pensa Meredith Whittaker, presidente della Signal Foundation)— ricorda Daniil — abbiamo bisogno di leader in grado di comprendere l’impatto della rivoluzione digitale nelle nostre vite e di fondatori coscienti che non si possa pensare solo al ritorno economico».